domenica, novembre 20, 2011

Vita complicata di un cittadino-poliziotto ambientale

Forse nella vita avrei dovuto fare il poliziotto. Deve essere questa la mia vera vocazione. Ma il poliziotto ambientale, non certo lo space trooper in tenuta antisommossa che carica gli studenti. E nel mio piccolo lo faccio pure, il cittadino-poliziotto ambientale, con tanta fatica, frustrazione ma anche qualche successo.

Prendiamo le piste ciclabili di Bologna. Alcune sono molto ben progettate, lunghe decine di chilometri, collegano le città dell’area metropolitana come Casalecchio di Reno, o San Lazzaro, col capoluogo. Io le uso molto, perché appartengo alla specie dei camminatori, cioè quelle persone che camminano per chilometri e chilometri, ogni volta che possono. Le conosco bene, le piste cittadine e quelle nei parchi pubblichi. Le piste ciclabili sono violate  – mi viene da dire abbastanza spesso, ma non ho dati statistici certi – da moto, o addirittura auto. E io li becco, le facce di bronzo che vanno col motorino, ad alta velocità, sicuri di essere impuniti (e magari lo sono). Faccio loro il gesto di uscire, di andare in strada, grido che è vietato. Loro mi ignorano, o alzano il dito medio.
Qualcuno si ferma, finge di cadere dalle nuvole (ma come? E’ solo per cento metri!), oppure mi sfidano apertamente, dicendo di farmi i cazzi miei e di non rompere le palle. Più volte sono stato tentato di spintonarli, mandarli a gambe all’aria sull’asfalto, o di prenderli a sberle (uno addirittura aveva a bordo un bambino di 3 o 4 anni, tutti e due senza casco), col rischio di sprofondare in una bega tremenda, senza fine, con denunce e richieste di danni.
Oppure le strisce pedonali: talvolta – mi viene da dire spesso ma anche qui non ho dati statistici certi – ci trovo auto parcheggiate, coi lampeggianti accesi. In varie occasioni ho detto (diamo pure che ho intimato) ai proprietari che non solo non si può parcheggiare, ma c’è il divieto di fermata. Di nuovo facce di bronzo, finzioni di cadere dalle nuvole, oppure energumeni che scendono dall’auto e si incazzano, loro si incazzano perché hanno parcheggiato sulla pista ciclabile. Una volta sono volate delle spinte, ma devo evitare questo epilogo, è un disastro se il deficiente di turno si fa male davvero, e lo sarebbe anche se mi facessi male io, che ho una figlia a carico ecc. ecc.

Comunque qualche piccolo successo l’ho ottenuto. Vicino a casa mia, a Casalecchio di Reno, trovavo spesso – qui posso dirlo, la beccavo quasi ogni giorno – un’auto parcheggiata in mezzo alle strisce. Così, senza neanche i lampeggianti. Forte la tentazione di tagliare le gomme, come farebbero, per esempio, in Olanda, dove se uno osa mettere la macchina con una ruota sulle strisce se la trova tagliata dopo 1 minuto. Però come potevo farlo, così davanti a tutti? Così ho iniziato a scattare delle foto col cellulare e a spedirle al comando dei vigili urbani. Dopo tre o quattro spedizioni mi ha telefonato un’ispettrice dei vigili dicendomi che non è possibile, da un punto di vista legale, procedere sulla base di foto scattate da cittadini, perché si rischia un ricorso, perso al 100 X 100. E quindi non c’è niente da fare? Ho detto, incredulo, indignato. Tanto più che quelle strisce sono davanti alla caserma dei carabinieri, cavolo! L’ispettrice ha promesso di mandare le pattuglie, ma cosa voleva promettere, l’auto era sempre lì, e sospetto che appartenesse a un carabiniere della caserma. Però dopo circa un mese dalla telefonata sono arrivati gli operai del comune che hanno costruito uno scivolo e piantato un palo in mezzo alle strisce col simbolo handicap, così nessuno ha più potuto parcheggiare. Lo considero un piccolo risultato del cittadino-poliziotto ambientale. Ma che fatica!

E la raccolta differenziata. Noi cittadini ci facciamo un mazzo così a insaccare la carta, la plastica e l’organico, tenendo i sacconi per una settimana negli appartamenti. Io poi sono particolarmente virtuoso, stacco anche le etichette dalle bottiglie di plastica, e addirittura il quadrettino di carta delle bustine del tè, che metto nella carta, mentre la bustina va nell’organico. Orbene, sotto casa mia c’è un grande negozio di articoli per l’infanzia (passeggini, vestitini ecc) che sarebbe anche ecologico, perché tratta l’usato. E non faceva la raccolta differenziata della carta. Trovavo montagne di scatoloni accanto ai bidoni dell’indifferenziata, o addirittura dentro. Così un giorno l’ho placcato e gli ho detto che DEVE selezionare il cartone, lui produce più del doppio della carta di tutto il condominio. DEVE metterla da parte. Per l’ennesima volta ha finto di cadere dalle nuvole (ma questo metodo, fare “gli indiani” sempre e comunque, non sarà una prerogativa tutta italica?), ma ha promesso che avrebbe provveduto, seguendo le mie istruzioni. Ma nulla è cambiato. Così l’ho placcato di nuovo, lui si è stupito, oppure ha finto di farlo, dicendo che, come gli avevo detto, metteva gli scatoloni davanti ai bidoni il martedì. Cristo, ho detto (un po’ alterato, lo ammetto), non ai bidoni, ma davanti al suo negozio! Ah sì? Ha detto. Ma io avevo capito così!. Comunque il martedì successivo ha messo gli scatoloni davanti al negozio, ma al mattino erano ancora lì. Che rabbia. Che fatica per niente, sempre a discutere con questo e con quello, tensione, pazienza. E poi la beffa.
Ho fotografato gli scatoloni e li spediti a una signora del comune che conosco, una brava, ecologista, che segue l’assessorato all’ambente e mi manda sempre le mail sulle iniziative dei GAS (gruppi di acquisto solidale di alimenti e prodotti bio), che ha promesso di interessarsi. Ha scritto 2 volte all’HERA, l’ente che si occupa del ritiro e del riciclo, allegando le mie foto, e da quel momento i cartoni vengono raccolti.

Un altro piccolo successo del cittadino-poliziotto ambientale.
Ma perché non mi danno il Power a me?
Perché non mi fanno capo supremo della Polizia Ambientale? Li farei rigare dritto!
Tutti!
Parola d’onore!

(Le foto: l'auto in sosta sulle strisce inviata alla PM; gli scatoloni non raccolti da HERA)


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