sabato, aprile 15, 2006


Un viaggio nel buio e nel silenzio

[Questo pezzo è uscito su vibrisse il 12 aprile, e ripubblicato da La Sesia, giornale della provincia di Vercelli.]

In questo periodo riceviamo richieste – per strada, per posta – di contributi da parte di varie organizzazioni onlus, quasi tutte valide: l’associazione per la ricerca sul cancro, sulle leucemie, Emergency, Medici Senza Frontiere, Lega Antivivisezione ecc. Questo pressing è un indice di gravi difficoltà sociali, di bisogni, di piccole e grandi tragedie. Ovviamente non possiamo rispondere a tutti, ognuno contribuisce, se vuole, secondo la propria sensibilità.Vorrei parlare di una di queste organizzazioni, perché sono stato coinvolto in prima persona nella sua attività.Qualche tempo fa fui inviato a Osimo (An) per realizzare un servizio fotografico sulla Lega del Filo d’Oro, l’associazione che segue le persone – soprattutto i bambini e i ragazzini – sordociechi. E’ questa una delle menomazioni più pesanti: la sordità e la cecità comportano un isolamento sensoriale quasi assoluto; si è altrove, rinchiusi in uno spazio buio, senza suoni né luce. Anche la propria voce è altrove, aspirata via dalla gola, dalla bocca, perché è un suono generato dal proprio corpo che le orecchie non sentono.
Appena entrai fui colpito da alcune grida che provenivano dal corridoio. Un ragazzo era steso sul pavimento e urlava in maniera scomposta, disarticolata. Era una voce diversa da tutte le voci che avevo sentito prima di allora. Non sembrava umana, e neanche animale. Era una voce aliena. Aveva sonorità, intonazioni che non riuscivo a decodificare coi miei mezzi di uomo “normale”. Un operatore, calmo, per nulla turbato da quella scena che mi aveva colpito nello stomaco, lo aiutò ad alzarsi e lo accompagnò in una delle stanze dove altri ragazzi e ragazze soggiornavano, alcuni seduti, altri che si dondolavano ritmicamente, oppure gridavano, gemevano, si alzavano e si sedevano. Molto evidente era la ricerca del tatto: toccare oggetti, che abbondavano nelle aule, toccarsi le facce a vicenda, le facce degli educatori, le mani, i vestiti. Ogni tanto i ragazzi, a turno, venivano accompagnati in cortile, per brevi passeggiate.
Quando iniziai a scattare foto il responsabile del centro mi chiese di non usare il flash. Quella richiesta mi stupì. Perché? Chiesi. Perché i ragazzi vedevano – o meglio, intuivano – i lampi di luce violenta, e questo li eccitava. Loro non vedono la luce, disse, non la vedranno mai; e questi lampi suscitano in loro aspettative che non potranno mai essere soddisfatte. Quei colpi di luce, della durata di una frazione di secondo, incrinavano un equilibrio già precario, ottenuto al prezzo di un lungo e paziente lavoro. In effetti quando il flash lampeggiava alzavano di colpo la testa, sembravano guardare un punto lontano; quegli occhi fissi, vitrei, si accendevano di una luce improvvisa, di brevissima durata, e allora si alzavano, brancolavano nella mia direzione. Erano come creature che tentavano di uscire da un mondo lontanissimo, ignoto, per entrare nel nostro, per pochissimi secondi. Così conclusi il servizio a luce naturale, sempre incerto, sempre un po’ a disagio, perché anche se loro non potevano vedermi, né sentirmi, avevo la netta sensazione che sapessero di me.


La Lega del Filo D’oro ha sede a Osimo (An) in Via Montecerno 1. Il conto corrente postale è il n. 358606.

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