giovedì, marzo 16, 2006


Ultra expanded text

Sfogliando libri qua e là, leggendo e curiosando, mi sono chiesto spesso perché molti scrittori moderni [e tra questi molti italiani (e tra questi molti giovani)] non riescono a superare le 200 pagine di testo. Oppure, se ci riescono, questo avviene per pochi, faticati fogli. Trecento pagine sono un traguardo notevole, quattrocento e oltre quasi un record. Ora nessuno ha stabilito che un romanzo di 180 pagine sia “minore” di uno di trecento, però mi chiedo perché non si riesce a gestire fino in fondo una storia lunga, con tutte le sue variabili, ma si cerca di chiudere senza troppe complicazioni e incognite.
Ho pensato che il concetto è quello dell’espansione. Il testo è una materia che prende forma mentre è in lavorazione, è duttile; l’autore lo plasma, e si accorge che prende forme diverse da quelle che aveva, o credeva di avere progettato. E mentre è nel vivo della lavorazione il testo ha bisogno di espandersi. Lo chiedono i personaggi, lo chiedono i luoghi, lo chiede quell’entità talvolta contraddittoria, o spaventata, o arrabbiata che è il narratore. L’espansione è quasi sempre una scommessa, un azzardo, perché i risultati non sono mai scontati ed è in agguato il fallimento. Eppure con l’espansione si possono toccare vette molto alte di qualità anche con pochi elementi. C’era un gruppo negli anni Sessanta, un trio, che creava una musica potente con soli tre strumenti: erano i Cream, con la chitarra di Eric Clapton, l’enorme batteria di Ginger Baker e l’ultra expanded bass di Jack Bruce. In tre generavano un materiale sonoro estremamente denso, si lanciavano in lunghe jam session dove l’espansione musicale procedeva inarrestabile.
Credo che questo dovrebbe – potrebbe – avvenire anche nella scrittura: lasciarsi andare al gusto dell’avventura, permettere alla storia e ai personaggi di espandersi, superare la tentazione di ricondurre tutti i casa prima che cali la notte.
(Nella foto: Sport am Bauhaus 1927)

1 commento:

Anonimo ha detto...

si, espandere i testi e' una sfida.
In questi giorni sto cercando di aiutare i miei scolari a non avere paura di espandere i loro testi e ...le loro teste.
I ragazzi oggi scrivono in modo telegrafico, non amano piu' o non sanno piu' fare a descrivere se non superficialmente, non si guardano piu' dentro( quei bei testi introspettivi di una vita fa!!) i personaggi e i luoghi, le situazioni...sono solo accenni di bello, brutto, al massimo noioso, divertente...
Forse sara' per questo che gli scrittori giovani si affidano a poche pagine, anche perche' i ragazzi se le pagine non sono poche non leggono. I corti, hanno avuto un gran successo; 30, 40 pagine. Un raccontone. Masticato in fretta dai miei alunni, ripensato e riletto dai piu' volonterosi. Un raccontone che dei personaggi non fa che un accenno, dei luoghi da' suggerimenti...
Il tanto bistrattato de Carlo, autore di un romanzo per me bellissimo Due di due...sapeva fare a scrivere e a descrivere i personaggi. Guido Laremi e Mario prendono vita pagina dopo pagina e scopri la loro anima fino all'ultima pagina.
Gestire una storia e' difficile, e' come gestire una vita, ed e' vero quello che dici tu, essendo una sfida e' pauroso farlo. Un po' quello che si diceva gia', meglio non correre il rischio di non vendere.
Ai ragazzi un volume come Il barone rampante fa paura; per le tante sue pagine.
Ciao Baldrus
Ps appena vedo la Daria glielo chiedo...
pap