venerdì, gennaio 27, 2006



Grandi fotografi in periferia

Non occorre sfogliare un libro fotografico di Avedon, di Sanders, di Penn, per addentrarsi nell’opera di un grande fotografo che documenta la vita, il lavoro, che fa ritratti e réportage. Un fotografo emiliano, Enrico Pasquali, di cui esistono alcuni libri pubblicati dall’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia Romagna e dal Comune di Medicina, dove aveva uno studio, ha prodotto forse una delle più importanti documentazioni sulla vita contadina e operaia degli anni Cinquanta. Le ambientazioni sono le campagne e i paesi dell’Emilia, la Bassa, ma anche l’Appennino, l’entroterra montanaro più aspro. Sono réportages sulla trebbiatura, l’aratura, il lavoro delle mondine; interni di case contadine, antri scuri che sembrano emergere da un’altra epoca, da un passato di stenti e di povertà, di vestiti di stracci di cui, forse, non abbiamo più memoria. Non sono foto drammatiche però: Pasquali non indugia sulla fatica o sulle scene di miseria. Sono immagini scattate "dall’interno" di un mondo a cui il fotografo – che è stato lui stesso bracciante prima di aprire lo studio - sente di appartenere. Non vi è il filtro estetico di Avedon quando, negli anni Settanta, documentava il sottoproletariato americano; eppure questo monumentale lavoro contiene ritratti e scene memorabili da inserire a pieno titolo nel portfolio di un grande autore.
E poi le cooperative: Pasquali entra nei bar cooperativi, fotografa i braccianti in abiti da lavoro, le case; sono le cooperative del dopoguerra, quando si lottava per costruire un’alternativa possibile all’organizzazione del lavoro del "siùr padrun da li beli braghi bianchi" attraverso l’autogestione e l’uso collettivo della terra.
E qui, mentre sfoglio i libri nella Biblioteca della Sala Borsa, mi viene in mente il nostro presente, l’Unipol, Consorte, l’ex ministro Bersani che definisce l’Unipol "una perla del capitalismo italiano".
Dove sono finiti quei valori? Perché è andata così?

(Nella foto di Pasquali un bracciante ritratto a Casola Valsenio (Ravenna) nel 1955

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, trovo molto bello che la fotografia sia stata usata non solo in forma artistica ma anche di documentazione. E chi lavora con la macchina fotografica sa quanto sia difficile non mentire e quanto ogni sguardo sia sempre un punto di vista.

maline

Anonimo ha detto...

Ah, le coop. Ormai si fanno solo affaroni e affarucci, e per gli affari ci vogliono i partiti che coprono le spalle e aprono le porte... altri tempi.

Anonimo ha detto...

Sai cosa c'e' in questa bellissima foto? Oltre al sorriso, che ce la dice lunga sulla serenita' di queste persone, anche se portavano abiti di stracci, c'e' una grande stupenda dignita'; stupenda e dimenticata.
Mi e' capitato spesso di frequentare case di contadini persone semplici, magari senza cultura; mamme e padri di alunni che con umilta'e sempre sorridenti venivano a chiedere dei loro figli, (cosa che adessso nessuno fa piu'; vengono tutti a strillare...e tutti arrabbiati.)
Una grande dignita'. Sempre. Credo sia una cosa che insegna la terra, il lavoro della terra, l'attesa dei frutti.
La dignita'del contadino...
Be' Consorte...Fazio..

Anonimo ha detto...

quei valori esistono ancora in poche persone, ma esistono.
Solo che abbiamo paura di far vedere che ci appartengono; paura di ...essere fuori tempo, fuori gioco...

Anonimo ha detto...

ma chi... bersani...col figlio cantante!!!!!!
ciao baldrus...scherzo!!!!
piero