domenica, agosto 28, 2005

La grande migrazione

Sempre più il viaggio dei vacanzieri di agosto mi evoca la grande migrazione degli gnu africani, quando, ammassati in enormi branchi, si spostano alla ricerca di nuovi pascoli, di acqua, di terre vergini. Il viaggio è lungo, avventuroso, e irto di pericoli. Questi torelli dalle grandi corna attraversano ampi territori, sempre accompagnati da orde di predatori che li attaccano, li feriscono, li divorano. Guadano fiumi e laghi, flagellati dai giganteschi coccodrilli che li afferrano e li trascinano sott’acqua; corrono per vaste praterie inseguiti da branchi di leoni, di jene, di sciacalli. Alla fine arrivano a destinazione, ma hanno pagato un prezzo elevato.
Così sono i vacanzieri di agosto, incolonnati sulle autostrade per ore e ore, ammassati nelle aree di servizio che scoppiano di auto, in fila nei bar nella speranza di ottenere una brioche decongelata e un cappuccio con la schiuma semifredda.
Ma scendiamo un po’ nei dettagli, seguiamo un equipaggio-tipo di gnu ferragostiani in viaggio, il mio: io, che per cause di forza maggiore devo seguire il flusso della migrazione, parto il 30 luglio alle cinque del mattino, nella speranza di evitare la furia crudele del grande traffico, destinazione un villaggio segnalato da amici sul Gargano, tra Peschici e Vieste.
Speranza vana ovviamente. L’autostrada è piena, ci sono code a Riccione, ad Ancona, e vari rallentamenti e code brevi fino a Termoli. In complesso nulla di veramente tragico, a parte la quasi totale impossibilità di entrare in aree di servizio per fare rifornimento, sono così affollate che le auto aspettano in coda già prima dello svincolo, creando inevitabili rallentamenti in autostrada. Dopo nove ore di viaggio con gli occhi spiritati, con le auto quasi a contatto di paraurti (ma c’è qualche automobilista, uno solo tra milioni, che rispetta la distanza di sicurezza?) siamo finalmente al nostro villaggio. E’ un tre stelle, e un “villino”, o bungalow, costa a noi gnu, nel periodo della grande migrazione, 980 euro a settimana.
Poche storie comunque, bisogna sganciare tutta la pilla subito, non alla fine della vacanza, come si fa di solito. Ma come, ribattono i nostri amici, che vengono qua da anni, non era così in passato. Ed io faccio presente che è una procedura anomala, il conto si paga alla fine, no? Il ragazzo alla reception sospira rassegnato, allarga le braccia, dice che quest’anno è cambiata la gestione, si fa così. Stacchiamo subito l’assegno, malvolentieri; li avranno fregati, pensiamo, qualcuno si è sbafato una vacanza e poi non ha pagato il conto. Deve essere per forza così.
Il villino è grande, tre stanze più bagno, è per quattro-sei persone e noi siamo in tre. Stiamo comodi. Però l’acqua è salmastra, e la doccia è otturata. Inizia l’odissea della doccia. Telefono, il ragazzo dice che manderà “il manutentore”. Passa un’ora, scarichiamo le valigie, sistemiamo la roba. Non si vede nessuno. Ritelefono, il ragazzo mi assicura che il manutentore è in arrivo. Passa un’altra ora, niente. Perdio, hanno voluto il grano anticipato, che storia è questa? Ancora non so che questo è lo stile, questo è il ritmo: pazienza, relax e tenacia. Lo scoprirò nei giorni seguenti. Esco a piedi, cerco una di quelle auto elettriche che ho notato all’arrivo, coi tipi dell’organizzazione che accompagnano gli gnu in arrivo. Ne becco una. La fermo. “HO CHIAMATO IL MANUTENTORE DA DUE ORE” dico con enfasi, perché sono stanco e ho bisogno urgente di una doccia, “MA NON SI VEDE NESSUNO! LA DOCCIA E’ FUORI USO!”. L’uomo annuisce, dice che arriverà subito. Passa un’altra ora, e finalmente arriva. In tre minuti cambia il pezzo. Ahhh, una doccia... ma l’acqua non si miscela, o bollente o fredda. Mi irrito, perché ancora non so che questa è la regola. E’ così per tutti i villini. Lo imparerò i giorni seguenti. Pazienza, relax, e tenacia.
Ma iniziamo la vacanza. Il mare è bello ovviamente: l’Adriatico è particolare, è unico: calmo e gentile, caldo e accogliente, sa essere anche potente, agitato. Per questo è il mio mare preferito. La spiaggia è di sabbia, abbastanza profonda, certo non è Rimini ma neanche le lingue di sabbia microscopiche della Toscana, o i tuguri della Liguria. Gli ombrelloni sono sistemati alla romagnola, tutti ammassati, ma è sopportabile. Ovviamente hanno cannato coi numeri, nel nostro è sistemata una famigliona di napoletani. Grandi trattative, alla fine tutto si risolve. Tutto si risolve sempre, ma imparerò presto che l’errore è la norma, bisogna conviverci.. Tutto va controllato con cura, perché tutto è un pressapoco, è un così così, è un forse, un quasi, un si vedrà: pazienza, relax e tenacia, da non dimenticare mai. Senza queste tre qualità lo gnu migrante è destinato a soccombere sotto gli attacchi dei predatori.
Ed eccoli, i predatori in azione: per il villaggio si aggirano tre o quattro ragazzini di 18-20 anni che indossano una maglietta arancione e hanno la qualifica di “animatori”. In spiaggia assaltano i bagnanti sdraiati sui lettini al grido di “VIENI AL TORNEO DI BOCCETTE!” E se lo gnu (assaltano soprattutto i maschi) dice mah, boh, ehm, loro si agitano, gridano “MA COME! GUARDA CHE POLTRONE CHE SEI! MA NON TI VERGOGNI? AVANTI!” Se poi lo gnu continua a nicchiare lo prendono per un braccio, lo tirano su di peso. Alla fine lo gnu ci va, li segue con aria afflitta, ma poi si diverte, in fondo sdraiato sul lettino si annoiava. Perché non si sa mai cosa fare, non si sa come passare il tempo. Le letture sono quasi inesistenti. Qualcuno ha Angeli e Demoni oppure uno di quei romanzoni usciti sulla scia del Codice da Vinci, storie sulla Sindone, sui monasteri, i Templari, con delitti e misteri, cose così. Ma non si legge. Forse nessuno legge più in questa parte di mondo. La lettura sembra estinta, a parte qualche quotidiano o Il Codice o i settimanali di enigmistica. Non vedo neanche una copertina dei soliti Wilbur Smith, o Ghisham, nemmeno Con le peggiori intenzioni, niente. Qualche tedesco (pochissimi) ha un libro in tedesco, ed è tutto. Ed è così anche nelle altre spiagge, che osservo durante le passeggiate, sempre all’erta per gli infernali racchettoni (ma non erano vietati?) o il gioco a pallone o a pallavolo tra coppie di amici o di fidanzati, o di gruppi di marmocchi allo stato brado che mollano calcioni a più non posso incuranti di chi si azzarda a camminare sulla spiaggia.
Perché sono tutte uguali, le spiagge in gestione ai villaggi. I ragazzini-animatori strepitano ai microfoni che è l’ora del gioco aperitivo, dell’acqua gymn; questo è l’aspetto più atroce: portano nella loro postazione una grossa cassa acustica, uguale in ogni spiaggia, che diffonde una musica a volume altissimo, distorto, tanto da danneggiare il timpano: urlano auguri e dediche, fanno i dj, i presentatori. Le musiche sono sempre le stesse, “ahi-ahi-ahi, un giorno ti innamorerai...” poi Calimero dance, tam-tam da discoteca, canzoni pazzesche tipo “ciapa la galéina, ciapa la galéina coccodè” (un cult, l’abbiamo canticchiata per giorni) e altro ancora. Ai nostri amici capita un ombrellone quasi adiacente alla postazione, mentre ne avevamo chiesto tre vicini, e si diffonde il panico. Impossibile sopravvivere vicino alla cassa. Parte una complicata trattativa, alla fine tutto si aggiusta, come sempre, basta avere pazienza, ed essere rilassati. E non prendersela. E guardare il mondo, questo mondo, come una gabbia di matti, e riuscire a riderne. Io vado spesso alla torre di Sfinale, un posto incantato, magico, una scogliera meravigliosa col rudere di una torre di guardiamarina cinquecentesca: da qui domino tutte le spiagge, a una distanza di almeno un chilometro: arriva il rombo furioso delle musiche e le urla degli animatori, un balilamme di suoni che si accavallano, si confondono in una cacofonia surreale: è tutto così folle, estremo, inspiegabile. Penso alle spiagge deserte di Creta quando, negli anni Settanta, stavamo sdraiati nudi al sole a cercare di vivere bene il rapporto col mare, con l’amicizia, con l’amore. Erano angoli di paradiso terrestre, e la società dell’uomo, di Adamo maledetto da Dio, non poteva certo permetterlo. Doveva invaderle con la speculazione, il denaro, la volgarità, il saccheggio. Questo è il nostro presente, non c’è scelta, è andata così. Almeno ridiamone.
Riderne: non è poi tanto difficile. Alla sera, quando l’animazione si scatena, infuriano gli spettacoli, i concorsi, perlopiù copie di trasmissioni televisive. Alla “coppia del villaggio” il marito deve piegarsi a novanta gradi, alla pecorina, mentre la capo-animatrice gli posiziona un palloncino sul sedere. La moglie deve farlo scoppiare con colpi di bacino, così si crea la scena esilarante della moglie che sodomizza il marito, e si ride con una sorta di ferocia; poi il marito si siede, la capo-animatrice gli mette il palloncino in grembo e la moglie deve farlo scoppiare gettandosi seduta su di lui. Ovviamente quella sadica della capo-animatrice cerca mariti smilzi e mogli robuste...
Comunque un angelo custode ci assiste, veglia su di noi. Per due giorni la capo-animatrice si becca la febbre, così la cassa in spiaggia tace. E’ un paradiso, si sente il rumore amichevole del mare. Poi arriva il maltempo, un vento furibondo che sembra L’Ora di Torbole sul Garda che flagella ogni giorno la spiaggia; fa un freddo cane, la gente non apre gli ombrelloni, e la cassa tace. Che pacchia! Ci sono lamentele, imprecazioni, perché il mare è mosso, non si riesce a fare il bagno. Per me è bellissimo, sulla scogliera della torre i cavalloni si frantumano con schizzi altissimi. E’ meno bello per le bimbe ovviamente, che non riescono a nuotare, si raffreddano e si beccano pure il raffreddore, ma è superbo questo spettacolo della natura agitata che fa tacere i pazzi. Con un amico faccio lunghe passeggiate sulle scogliere ventose, le superbe, maestose coste del Gargano, che non hanno nulla da invidiare a quelle spettacolari, drammatiche della Liguria, né a quelle esotiche della Sardegna; selvagge, romanzesche, e lerce, assurdamente lerce, cosparse di rifiuti, bottiglie di plastica, sacchetti, bottiglie rotte.
Due settimane vanno via così, e bisogna rimettersi in viaggio. Partiamo di notte, alle 11, così nostra figlia può dormire tranquilla sul sedile posteriore. Il traffico è blando, il grande rientro inizierà la settimana prossima. Mi fermo in un’area di servizio per un breve pisolino, verso le tre, poi si riparte. A Cesena mi fermo nuovamente perché ho bisogno di un cappuccino. Il bar fa parte della catena Autogrill, ed è discretamente affollato. Guardo una montagna di brioches dall’aspetto per nulla appetitoso, poi quando viene il mio turno ordino cappuccio e brioches. La signora mi fa: “abbiamo una promozione, se prende cappuccino e spremuta o succo di frutta la bioches è in omaggio”. “Uh”, faccio, ma sono confuso, stravolto, con una piccola folla dietro che pressa. “Va bè” faccio. Tre euro e venti. Una ladrata ovviamente. Cappuccio e brioches sono circa due euro. Ingoio la brioches, assolutamente vomitevole, un cappuccio triste, insapore, e mi avvio alla macchina col succo alla carota Skipper in mano. Riparto. Dopo un’ora dico ma sì facciamoci il succo: lo guardo, penso a come fare per aprirlo, e mi accorgo che è scaduto. Autogrill, i magliari, ricordarsi.
E’ finita ora, siamo a casa. Scaricare, dormire, e poi gli ultimi giorni a Riva del Garda. Speriamo bene, o no?

Se qualcuno ha voglia di raccontare un po’ delle sue vacanze è il benvenuto.