lunedì, marzo 14, 2005

Metti una sera al Bar Sport

Vi sono vari livelli di linguaggio: quello ufficiale, quello del potere che trova la sua massima affermazione in televisione, ridondante retorica, dove tutti rilasciano dichiarazioni più o meno ottimistiche, tutti gridano che faranno, che miglioreranno, che chiariranno, perché l’unico ideale che li fa muovere è salvaguardare l’interesse del Paese.
Poi c’è il linguaggio dei giornali, che è più libero, dipende dagli orientamenti politici. Lasciando da parte certi fogliacci, che Ellroy chiamerebbe "spargitori di fango", perché quella è la loro unica funzione, i giornali rispecchiano, più o meno, la posizione dell’intellettuale: questa figura "filtra" gli umori e le tendenze popolari e le sposta "in alto". L’intellettuale guida, spala via i rifiuti, il suo ruolo è condurre, come il postiglione, la diligenza della cultura popolare, che spesso non saprebbe che direzione prendere.
E c’è il linguaggio del Bar Sport, che solo in parte trova spazio nei reality televisivi e nelle trasmissioni spazzatura in cui "la gente" piange davanti alle telecamere e si confessa. In realtà questi programmi sono meno liberi di quanto sembri. Vanno bene le confessioni su fatti di cuore, su abbandoni dei genitori, su tradimenti, qualche parolaccia, cose così, ma bisogna stare composti. Non si tocchi l’intoccabile. Non si citi il non citabile. Non si esca dal seminato. Piangi, lamentati, arrabbiati ma sta’ al tuo posto.
In realtà il parlato del Bar Sport si esprime in libertà totale solo al Bar Sport. Qui si dicono cose che trasferite nel linguaggio ufficiale farebbero inorridire. Al Bar Sport ci si va per sfogare il proprio cinismo, le proprie frustrazioni, per fare gli smargiassi. Al Bar Sport si dicono cose che non si pensano fino in fondo, cose eccessive, si sparano grosse. Al Bar Sport, direbbe l’I King, "il Luminoso se ne va, l’Oscuro se ne viene".
Ecco un paio di dialoghi da Bar Sport. Sono campionati, quindi sono abbastanza esatti. Buona lettura.
"Il calcio fa proprio schifo. Mi fa vomitare".
"Ma cosa dici. E’ lo sport più bello del mondo"
"Ah, sì? Questa merda qua? Guarda i calciatori: sono tutti miliardari, tutti fotomodelli, pensano solo alla pubblicità, poi in campo fanno pena""
"Però si pasturano delle gnocche che te le sogni, te"
"E va be’. Buon per loro. Sono i soldi che contano. Guardali però: sono sempre a insultare questo e quello, a sputare, a sparare cazzate. Sono atleti quelli?"
"Se una faccia purchessia ti offende cosa fai? Gli rompi il muso. E’ giusto."
"Ah, sì? Poi però i tifosi si esaltano. Guarda le risse, i casini. Quanto ci costano a noi? Quanto ci costano tutti quei poliziotti e carabinieri che fanno servizio? E quanto ci costano i feriti, negli ospedali? Chi paga? Io e te".
"Non ci sono mica solo quei dementi lì. Ci sono anche della gente che va allo stadio a vedersi una bella partita fatta bene."
"Ma dai. E dove sono le partite fatte bene? Ieri ho letto sul giornale che il calcio italiano è il più brutto del mondo. Diceva proprio così."
"Umpf. Sì, è peggiorato, è vero, ma insomma, te sei il solito esagerato. In Spagna stanno peggio di noi. No, è bello andare allo stadio, la domenica pomeriggio. Va be’, forse… sarebbe meglio dire che era bello. Cosa posso farci io".
"Vuoi sapere una cosa? Vuoi sapere cosa farei io?"
"Cosa faresti?"
"Alzerei un muro di cemento armato e li lascerei là dentro. Che si scannino finché ne hanno voglia. Niente polizia, niente spese inutili. I miliardari corrono sull’erba e intanto sulle gradinate si menano, si accoltellano, fatti loro".
"Ma dai. Così mi impedisci andare allo stadio".
"Ma che ci vai a fare? A prenderti una bottigliata in testa?"
"Io credo che bisognerebbe migliorare, mettere a posto le cose."
"Sì, e poi? Vuoi sapere cosa succederebbe?"
"Dai, dimmi anche questa".
"Allora, se come dici te mettiamo le cose a posto dove vanno tutti quei dementi? Cosa fanno? Vanno a fare casino fuori. E chi paga? Io e te, come al solito. Invece se stanno là dentro si sfogano, si spaccano la testa tra di loro. Va bene così. Te lo dico io, alziamo il muro e lasciamoli sbudellare. E miliardari, lasciamo che si droghino, così corrono più forte. Chi se ne frega?"
Pausa. Arrivano dei caffè, degli amari. Una volta si sarebbero accese delle sigarette. Adesso è vietato. Che meraviglia, posso rimettere piede nei bar.
"O’, adesso c’è la faccenda di quella giornalista. Hanno pagato un bel riscatto, lo dicono tutti meno che i ministri. Non è mica giusto".
"Come no? Cosa volevi lasciarla là che la accoppassero?"
"Non lo so io questo. Però hanno pagato anche un riscatto per quelle due, le Simone, e per quelle guardie del corpo. Adesso dimmi: chi ha pagato?"
"Come chi ha pagato?"
"Hanno pagato le famiglie?"
"No. Sono della gente normale. E’ logico che ha pagato il governo".
"Appunto. E chi è che paga? Io e te, quando il governo viene a piangere miseria. E’ sempre così"
"Sì, però quei baluba gli tagliano la testa agli ostaggi. Come si fa?"
"Non lo so mica io. Voglio dire: li ha obbligati qualcuno per andare là? Gliel’ha ordinato il dottore? Se stavano a casa sua non era meglio?"
"Che discorsi che fai. Delle volte è il suo lavoro."
"Bah. Sarà così. Io dico che ci vanno perché gli piace fare gli eroi. Scusa, quando rapiscono il figlio di un industriale cosa fanno? Gli bloccano i soldi. Questi qua invece paghiamo noi. Te dì quello che vuoi, io dico che non è giusto".
"Ehi, guarda, si è liberato il bigliardo! Andiamo a farci ‘sta boccetta va là".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il Bar Sport è il luogo in cui si va per parlare senza aver da o dover dire -nulla. È il luogo delle smargiassate, delle chiacchiere inutili, delle domande che tutto vogliono fuorché una risposta. È il luogo della moviola, dell'outing politico dove non si capisce mai se uno è di destra o di sinistra, dell'odio per il diverso mascherato dalla preoccupazione per il futuro dei figli. È il luogo dove si va per "misurarselo", per tirarsi una pippa senza impegno (qualcuno l'ha già notato in questo blog) e amen. Da questo punto di vista un tempio del machismo à l'italienne. Il linguaggio è ripetitivo, provocatorio, mai serio o impegnato -soprattutto teatrale. Si parla per partito preso e si può cambiare idea senza che nessuno sia interessato ad accorgersene. Si parla per slogan. Si parla per mostrare di aver letto i titoli dei giornali. Nel bar Sport l'intellettualità è bandita. È un luogo di incontro, un luogo sociale, nel quale gli umori delle digestioni devono fare la parte del leone. Lí deve parlare lo stomaco (o l'orefizio anale, a seconda) non il cervello. Ed in fondo non è un caso se la lingua parlata dalla Lega Lombarda, dai Bossi, dai Castelli, dai Calderoli (il "celodurismo") sia quella. Senza far paragoni di sorta , occorre pur ricordare che il nazionalsocialismo nacque nelle birrerie di Monaco - che non sono comunque la stessa cosa del Bar Sport: perchè qui tutto alla fine è sempre e solo scherzo (pesante), disimpegno (ognuno si tiene la "sua" idea), "bullagine": e dopo il Camparino si torna da mammà o dalla moglie.
Via, sarebbe un peccato se i Bar Sport sparissero: dove si potrebbero meglio indagare certe pagine italiane?

maline