giovedì, marzo 03, 2005

castighi2

Un maestro dell’intervista

Va bene, volevo vedere l’interwiew di Mike Tyson.
Pur non essendo stato “uno dei più grandi pugili di tutti i tempi” ( proprio come gli scrittori: “uno dei più grandi scrittori italiani”, “uno dei più grandi della sua generazione”, sempre così), è comunque un personaggio abbastanza appetibile per noi provinciali che amiamo il gossip e le chiacchiere a vanvera. Così mi sono armato di santissima pazienza e, tra uno sbadiglio e l’altro, tra i lamenti del nazional alleato Marco Masini, i guaiti dell’elettore di Tajani Gigi d’Alessio, i languori di Antonella Ruggero, gli avvicendamenti della svampita-uovo di pasqua e della platessa intelligente, stringendo i denti, sempre sull’orlo di un attacco di Male Oscuro, sono arrivato vivo all’appuntamento. Ecco dunque il presentatore-tsunami più amato dalle italiane fare l’introduzione enfatica all’ospite d’onore: innanzi tutto grazie ai dirigenti, grazie, grazie per avere tenuto duro nonostante le critiche, grazie per avere permesso a lui e al popolo di non perdere questo avvenimento epocale: e qui arriva l’inevitabile inquadratura di Fabrizio del Noce in platea, gongolante, trionfante; breve, grazie a Dio, ma sufficiente per provocare uno shock anafilattico. E finalmente arriva Tyson. Un personaggio davvero particolare. Fa certe risate timide, sembra un bambinone beccato con le dita nella marmellata. La fantasia corre, e lo vedi, il bambinone, che si fa travolgere da crisi d’ira, che picchia e insulta questo e quello: un’ira infantile, ottusa, la violenza cieca di una personalità profondamente immatura, ferita da un’infanzia difficile. Poi inizia l’intervista. E qui sono reduce dalla conferenza stampa dello staff del barakkone al completo (con lunghissimi interventi di Del Noce, che Dio mi aiuti) che si è appena conclusa. A un certo punto un cosiddetto giornalista del Radiocorriere inizia a inondare il presentatore-tsunami di complimenti: quanto sei bravo, e intelligente, e preparato; e che intervista che hai fatto, sei un maestro, ma dove hai imparato?
Beh, non è affatto vero. Pippo Baudo avrebbe fatto un’intervista più pungente. Tutto annega nella broda italica sanremese, quanto siamo buoni, quanto abbiamo sofferto, quanto siamo grandi, e generosi ed eroici. Il presentatore-tsunami, che riserva le battutacce triviali e aggressive sempre ai deboli e agli indifesi (alle donne, soprattutto), con un pezzo da novanta come Tyson si prostra, si entusiasma e spreca i complimenti, come va di moda oggi. Non gli chiede, per esempio: cos’hai provato quando hai staccato un orecchio con un morso a un tuo avversario? Quand’è che la violenza esce dai limiti circoscritti del ring e infrange le regole sportive? Dunque tu odi l’avversario? Non gli chiede: tutti gli avversari che hai messo al tappeto erano dei pugili abbastanza mediocri, come te la saresti cavata con Foreman, con Frazier o addirittura con Muhammad Alì? No, si gasa quando Tyson recita la solita parabola americana del vincente: bisogna vincere, vincere! E chiude persino la mano a pugno. Mica gli chiede: e allora cosa provi a salire sul ring a farti massacrare, a fare il clown, lo spettro di te stesso, solo per i soldi? Non gli salta in mente di chiedergli: come diavolo hai fatto a sperperare decine di milioni di dollari in un paio d’anni? Non è facile una simile impresa. Il ragazzo è pagato profumatamente, potrebbe lavorare un po’ di più, rispondere a domande un tantino più impegnative, santo cielo. Macché, il presentatore-tsunami si esalta, diventa addirittura mistico. Alla fine, ispirato a un autentico afflato poetico gli fa: che bella persona che sei, oh, sì. Ora, Tyson è certamente un tipo controverso e interessante, uno che è salito ai livelli massimi di ricchezza e di notorietà e poi è sprofondato nel fango, proprio come Maradona, a cui per certi aspetti somiglia; e anche se non è per nulla chiara la vicenda dello stupro (ricordo che una ragazza è andata di sua spontanea volontà nella sua camera d’albergo, è uscita gridando che l’aveva violentata e si è fatta pagare qualche decina di milioni di dollari come risarcimento), ha comunque massacrato di botte due mogli, mandandole all’ospedale; ha picchiato a sangue il cliente di un ristorante che l’aveva guardato male; oltre alla vicenda dell’orecchio ovviamente, che lo configura come un atleta profondamente antisportivo, una sorta di animale furioso che non si controlla. Ma per il presentatore-tsunami ispirato tutto questo non è neanche preso in considerazione, perché è “una bella persona”. Che classe, che professionalità. E’ un maestro dell’intervista lui.
E con questo – se non vi sono novità importanti – proprio come consiglia un lettore anonimo, con grande sollievo considero chiuso il mio rapporto masoch col barrakkone. Adieu

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mah, caro Baldrus, siamo pur sempre la patria del bar sport (dove la moviola sul rigore che c'era/non c'era, è importante almeno quanto la questione se Cristo abbia mai riso o possedesse un portafoglio) e della sconvenienza a mettersi le dita del naso perchè "non si fa". La forbice tra l'essere e l'apparire in Italia è molto divaricata. Tutto può succedere, ma, se ben confezionato, tutto può anche venir digerito (così si crede, perchè è lo stomaco a fare poi i conti -ed in genere prima o poi si vendica). Ma chi lo invita più un "vero" campione dello sport? In genere (tante le eccezioni naturalmente) non sa parlare e più che ripetere quel che abbiamo già visto nelle dirette non fa. Occorrono allora personaggi ibridi. Come un Tyson appunto: bravino sul ring (anch'io mi chiedo che fine avrebbe fatto contro Muhammed Ali) una bestia fuori -in fondo un povero Cristo (ma altri, per molto meno finiscono dietro le sbarre, senza interviste), ma fornito di picanterie che possono trascinare audience davanti allo schermo. Il fatto abbia morso un orecchio sul ring, abbia stuprato, massacrato la moglie di botte è ciò che fa di lui un tipo interessante, ma sì simpatico, via, un bravo ragazzo in fondo, un po' scapestrato -e che con le domande giuste può finire in buona luce. E poi occorre pur essere pronti al perdono, non si è forse tutti cristiani -e sopratutto cattolico-romani?

solaris

Anonimo ha detto...

Io Sanremo, fino ad ora, purtroppo me lo sono perso. Le mie serate le ho sepse così: 1. Partita di calcetto 2. Serata in famiglia (abbiamo costruito un pupazzo di Lego alto 80 cm). 3. al cinema con la moglie (a vedere Sideways, commedia leggera ma piacevole). Stasera ho promesso alla bambina una mega partita a Gioco dell'Oca. Domani siamo a una cena con un gruppo di amici. Il problema è che la mattina, in ufficio, sono tagliato fuori dalla prima mez'ora di conversazione. Pazienza.